mercoledì 19 marzo 2008

Schede tematiche: Formazione e Istruzione

In Lombardia il tasso d’abbandono scolastico è più alto che in altre Regioni italiane,
per i primi due anni di scuola superiore, la media lombarda è del 16,6% a fronte di una media italiana del 15,9% a questo dato si accompagna invece il dato inerente al tasso di occupazione che raggiunge, per gli uomini, gli obiettivi di Lisbona.

Anche per questi motivi è necessario, qui più che altrove, cogliere il nesso esistente tra investimento in sapere a tutto campo e di lungo periodo e opportunità di crescita e di sviluppo.

La Lombardia per crescere ha bisogno di allargare un’offerta formativa di qualità per tutti. Lostesso sistema delle imprese comincia a cogliere la necessità di avere personale formato e qualificato, nel senso più ampio del termine, non solo idoneo a svolgere una singola mansione, oltre che attrezzato e sostenuto nella necessità di formazione continua.

E’ necessario pensare ad un’offerta formativa non standardizzata e flessibile che sappia superare positivamente i percorsi sperimentali attivati in coerenza con la ormai superata Legge Moratti la cui impostazione seguiva un criterio di rigidità e separatezza tra istruzione e formazione.

Sostenere il nostro sistema formativo deve significare, valorizzare le scelte compiute a livello nazionale con l’innalzamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni, pensando ad un modello a forte integrazione fra istruzione e formazione. Coerentemente con quanto sancito dal Titolo V° della Costituzione è necessario ribadire la necessità di concepire l’istruzione come bene nazionale da garantire prioritariamente a questo livello e contemporaneamente riconoscere la compartecipazione di diversi soggetti a tutti i livelli non solo nazionale e regionale.

Pensiamo ad un sistema formativo basato su collaborazione e cooperazione che abbia come fondamento il pieno riconoscimento dell’autonomia scolastica e riconosca competenze programmatorie anche a Province e Comuni.

In quest’ottica poiché non è più possibile relegare la formazione professionale a cenerentola del sistema, spesso in difficoltà per l’incertezza dei finanziamenti risulta strategico investire in questo settore, di competenza esclusiva della Regione.

La formazione professionale può e deve intervenire a tutti i livelli: prima durante e dopo l’attività professionale. Può e deve occuparsi del primo inserimento con progetti e percorsi, concordati con il livello nazionale, per poter espletare l’obbligo d’istruzione ma anche saper investire sugli interventi di aggiornamento professionale, formazione continua ed alta formazione in raccordo con il sistema d’istruzione e il sistema universitario.

Per questo è fondamentale rilanciare e sostenere la realizzazione e implementazione sul nostro territorio dei Poli formativi possibile luogo dell’eccellenza e dell’integrazione fra sistemi.

Schede tematiche: Welfare

Negli ultimi anni il nostro sistema di welfare ha subito importanti trasformazioni, attraverso un lungo ed impegnativo processo politico, culturale e legislativo avviato con la legge quadro 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), con il decreto legislativo 229 del 1999 (la cosiddetta riforma ter della sanità) e con le leggi di settore.
Un sistema di protezione e di benessere sociale, nonché di promozione dei diritti di cittadinanza, però deve necessariamente trovare punti di raccordo tra i diversi sistemi, tra cui essenzialmente quello della sanità, dell’assistenza, dell’istruzione, della formazione professionale e dell’occupazione a cui si devono armonizzare anche le politiche della casa, dei trasporti e del tempo libero.
Ma l’incapacità di sostenere i livelli di raccordo e d’integrazione tra i diversi sistemi è stato fino ad oggi uno degli aspetti di maggiore criticità del sistema di welfare lombardo. La molteplicità degli attori pubblici e privati - con profili giuridici, gestionali e valoriali altamente diversificati - richiede, infatti, una capacità di governance che non può essere sostenuta nelle sole forme regolatrici del mercato richiamando strumentalmente il protagonismo del cittadino e il principio della libertà di scelta nei confronti dei soggetti erogatori di servizi.
In Lombardia il tema cruciale è quello dell’integrazione sociosanitaria, su cui altre regioni da tempo hanno legiferato, per disciplinare le reti e le unità d’offerta in ambito sanitario, sociosanitario e sociale, in particolare nei confronti delle persone non autosufficienti, anziani e gravi disabili.
Il tema della maggiore necessità d’integrazione sociosanitaria si accompagna alla necessità di riconoscere agli enti locali e in particolare ai Comuni la piena titolarità del sistema integrato dei servizi per essere direttamente coinvolti nella fase di programmazione sanitaria e socio-sanitaria

ANZIANI
Il sistema di protezione sociale per le persone non autosufficienti e i disabili gravi
La Lombardia è tra le regioni che sta subendo uno strutturale processo di invecchiamento. La vita media di un cittadino lombardo ha raggiunto i 76,9 anni per gli uomini e gli 83,2 per le donne. Ma al progressivo invecchiamento della popolazione non corrisponde sempre un analogo miglioramento della qualità della vita.
Il modello di welfare regionale riducendo drasticamente i servizi di assistenza domiciliare integrata, non è riuscito a garantire una nuova risposta con strumenti adeguati e appropriati alla grave non autosufficienza di anziani e disabili, se non con insufficienti trasferimenti monetari (buoni e voucher).
Oltre alla necessità più volte ribadita di istituire un fondo regionale per il sostegno alla non autosufficienza, si evidenzia la necessità di garantire percorsi e legami tra Ospedale e Territorio sviluppando la rete della continuità di cura dopo le dimissioni ospedaliere e l’ospedalizzazione a domicilio i servizi semiresidenziali e di sollievo.

HANDICAP E DISABILITA’
Servizi, scuola, formazione, lavoro
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha adottato nuovi strumenti di classificazione delle persone cosiddette portatrici di handicap che rivoluzionano il concetto stesso di disabilità. L’intera strategia europea si basa sui principi della non discriminazione, delle politiche d’inclusione sociale e delle pari opportunità.
Il sistema di protezione sociale lombardo, anche nel confronto dell’handicap e della disabilità, è stato caratterizzato da un modello di welfare che enfatizza, anche qui, i principi della libertà di scelta e delle responsabilità familiari. E’ un sistema che si è avvitato su stesso alla ricerca esasperata di modelli organizzativi e gestionali, senza riuscire a promuovere una governance tra le istituzioni e gli attori sociali della sanità, dell’assistenza, della scuola, del lavoro, dello sport, della cultura.
Oltre al potenziamento della rete dei servizi, è necessario:

offrire risposte flessibili e personalizzate ai bisogni di cura e di riabilitazione;

promuovere, nei fatti, su tutto il territorio lombardo dell’inserimento e dell’integrazione scolastica, anche dopo la recente normativa nazionale e regionale sulle nuove modalità di certificazione dell’handicap;

lo sviluppo dei servizi di pronto intervento semiresidenziali e di sollievo, a favore dei familiari che assistono i propri congiunti durante le situazioni di acuzie e criticità;

politiche attive del lavoro e della formazione professionale, finalizzate alla centralità della persona disabile e svantaggiata (una delle criticità riguarda i disabili mentali) nel processo d’inserimento lavorativo e al concreto supporto dei datori di lavoro impegnati a realizzare programmi d’integrazione lavorativa.

PRIMA INFANZIA E ADOLESCENZA
In Italia le politiche sociali, dopo l’esperienza delle iniziative promosse e finanziate con le leggi 285 del 1997 e 328 del 2000, si sono caratterizzate per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e per il sostegno dei minori in situazione di grave disagio. In Lombardia, secondo alcune ricerche condotte dai servizi e dalle Università, è molto alto il numero di bambini in carico ai servizi delle ASL e dei Comuni vittime di violenza accertata e con decreto di tutela emesso dal Tribunale e di bambini colpiti da forme di disagio che lasciano sospettare la presenza di abusi o violenze non ancora accertati.
Nonostante la legge regionale “Politiche regionali per i minori”, la cui copertura finanziaria è inadeguata, ci sono segnali da non trascurare che giungono dai servizi. Inoltre, sul versante dei servizi per la prima infanzia, l’offerta di asili nido e di micronidi è sempre critica in quanto non risponde alle richieste delle famiglie, coprendo solo il 10% dell’utenza potenziale.
Per questo si rende necessaria l’adozione di un Piano per la prima infanzia e l’adolescenza dove ricondurre l’intera progettualità dei piani sociali di zona, dove declinare i livelli essenziali delle prestazioni sociali a favore dei minori che obbligatoriamente devono essere assunte dall’intero sistema d’offerta sociale su tutto il territorio lombardo;

interventi mirati nei confronti dei minori stranieri abbandonati o autori di reato e dei cosiddetti bambini ombra dediti all’accattonaggio;

nuove strategie per garantire le misure cautelari finalizzate al trattamento della devianza minorile e le prestazioni socio sanitarie al bambino maltrattato e abusato e sfruttato sessualmente, nonché piani di azione contro lo sfruttamento e il lavoro minorile;

la realizzazione di asili nido negli ambiti territoriali carenti o assenti di servizi, favorendo le forme di cooperazione tra Comuni e tra i Comuni e i soggetti privati accreditati, nonché la realizzazione dei micro-nidi sui luoghi di lavoro, anche al fine di rafforzare la partecipazione di tutti i soggetti del mondo produttivo nei confronti delle responsabilità famigliari.

DONNE E VIOLENZA
Il fenomeno della violenza ha dimensioni di grandi proporzioni e non conosce confini, né differenze di classe, di etnia, di cultura, di religione o di appartenenza politica e i dati stanno a dimostrarne la vastità e la diffusione.
In Lombardia il fenomeno assume un peso rilevante, in particolare nelle aree urbane, non solo per quanto riguarda i fatti più eclatanti riportati dalla cronaca, ma anche e soprattutto, come testimonia l’esperienza quotidiana dei centri antiviolenza, da una recrudescenza di quelle “violenze invisibili” che si consumano fra le mura domestiche.
Combattere la violenza, quindi, significa, non solo reclamare maggiore sicurezza nelle strade e nei luoghi pubblici, ma soprattutto provvedere adeguate risorse per progetti di prevenzione, formazione, accoglienza, assistenza, ascolto, controllo, anche allo scopo di produrre un cambiamento nella cultura che produce violenza, principio guida che sta alla base dell’impegno, ormai quasi trentennale della rete delle Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne diffuse in modo capillare su tutto il territorio lombardo.
A tale proposito è stato presentato dal gruppo consiliare del PD un progetto di legge che, nel proporre di dare il giusto riconoscimento e l’adeguato sostegno pubblico alle Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza, afferma in modo inequivocabile il diritto di ogni donna ad essere accolta da altre donne che hanno lungamente maturato un’esperienza basata sulla cultura, la solidarietà, e le libertà femminili.
Il PdL, che propone una visione dinamica delle politiche contro la violenza sulle donne, stabilisce i tratti dell’azione delle Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza che, nell’avvalersi di competenze formate nelle pratiche dell’accoglienza, è finalizzata ad assicurare in assoluta autonomia di metodo e di gestione, sostegno e solidarietà ad ogni singola donna.
Nell’indicare forme di collaborazione fra i Centri e le istituzioni, e tipologie di supporto volte a garantirne la continuità dell’attività, si pone l’obiettivo di istituzionalizzare le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza, inserendoli tra le strutture facenti parte della rete dei servizi territoriali e costituendo un Fondo regionale di finanziamento.

Schede tematiche: Salute

La sanità in Lombardia è certamente, come nella sua tradizione, fra le più avanzate ed efficienti del Paese, sia sotto il profilo tecnologico sia per quanto riguarda l’organizzazione di risorse umane e strumentali e purtuttavia rimane fortemente squilibrata a favore di una logica di sistema prevalentemente aziendalistica e di mercato che la vede propensa alle prestazioni più remunerative, con una netta divisione fra le strutture erogatrici delle prestazioni sanitarie e le Aziende Sanitarie Locali, con i livelli decisionali fortemente accentrati al livello istituzionale regionale.
Elementi che spesso hanno dimostrato di non saper rispondere in modo adeguato alle esigenze di una società che ha visto il proprio profilo demografico trasformarsi rapidamente a fronte di percentuali di invecchiamento fra le più alte d’Europa, con una maggioranza di ultraottantenni e quindi con un forte incremento delle patologie croniche ed invalidanti
Un simile contesto richiederebbe di correggere alcune distorsioni ingenerate dal sistema attraverso:

· Lo sviluppo ed il rafforzamento della rete dei servizi territoriali a risposta integrata sociale e sanitaria
· La costruzione di un forte circuito di continuità assistenziale che preveda la riorganizzazione ed il potenziamento delle cure primarie ed in particolare della medicina generale con il coordinamento operativo con i servizi specialistici, il pieno utilizzo dei fondi disponibili per la gestione delle non autosufficienze e la ricomposizione della rete ospedaliera in senso sinergico fra ospedali per acuti e presidi territoriali dedicati alla riabilitazione e alla prevenzione
· Una maggiore attenzione all’appropriatezza delle prestazioni,investendo in ricerca ed innovazione, promuovendo la “clinical governance” (anche come riequilibrio del potere monocratico dei Direttori generali delle Aziende sanitarie) e attivando sistemi di controllo, sia sulla qualità e l’apprpriatezza delle cure, ma anche sulla spesa e sui centri di costo
· Un forte coinvolgimento del territorio, ed il recupero del ruolo attivo delle istituzioni locali dei cittadini e delle famiglie, dispiegando tutte le forme di sussidiarietà verticale ed orizzontale
· La piena valorizzazione del ruolo degli operatori sanitari, delle competenze e dei meriti e la riduzione progressiva della situazione di precarietà del lavoro che rappresenta elemento disgregante la stabilità ed affidabilità delle strutture sanitarie
· Il rifiuto dello “spoil sistem” per i ruoli di direzione e recuperando per tali ruoli il sistema di promozione basato sulla cultura e valutazione dei risultati scientifici e professionali in contrasto con un sistema di designazione dei dirigenti basato sull’appartenenza politica come peraltro indicato dalla proposta di ammodernamento del Servizio sanitario nazionale avanzato dal Ministro della Salute.
· Nuovo impulso alle politiche di promozione della salute e degli stili di vita corretti, anche tramite la tutela dell’ambiente, con un maggiore impegno a fronte degli scarsi risultati ottenuti dall’ ARPA, e gli interventi di prevenzione delle patologie prevalenti (cardiocircolatorie e tumorali) e gli incidenti nei luoghi di lavoro